63° Lindau Nobel Laureate Meeting – conclusioni

          Valeria Fieramonte

 

 

 

Non capita tutti i giorni di vedere insieme più di trenta premi Nobel e le truppe scelte dei migliori giovani ricercatori del mondo.
I 600 selezionati, per i quali fondazioni, ministeri e università hanno pagato 2500 euro di tassa di iscrizione, ( per gli italiani – 15 ricercatori in tutto, tra cui 6 donne, è stata la Cariplo a  fare la parte del leone) hanno potuto discutere – con levatacce dalle 7 di mattina per gli ‘science breakfast’, assieme ai Nobel loro punto di riferimento nelle varie discipline, i principali problemi posti dalle loro ricerche, finalmente orientate verso una ‘chimica verde’.
La maggior parte dei ricercatori era ovviamente tedesca ( circa 200) seguita da americani ( un centinaio), inglesi ( 33) e cinesi ( 38).
Come ha detto sir Harold W. Kroto ( Nobel in chimica nel ’96, che si autodefinisce ‘ un ateo ( o libero pensatore, umanista e umorista’): ‘ siamo chiamati a ripulire la sporcizia che abbiamo creato’.
A giudicare dalle ricerche e proposte – sempre che una finanza mondiale ormai impazzita lo permetta – è persino probabile che gli scienziati possano riuscirci.
Perchè il problema di fondo è questo: sebbene gli scienziati abbiano creato più problemi di quanti non abbiano contribuito a risolvere, cosa che sanno ma talora faticano ad ammettere, senza gli scienziati non possiamo pensare di uscire dalla drammatica impasse del tempo presente.
Che sia per questo che durante il meeting alcuni di loro  hanno affermato che il ruolo della scienza è poi, alla fin fine, soprattutto questo:   risolvere i problemi?
 
Steven Chu ( Nobel in Fisica nel ’97 per lo sviluppo di metodi per raffreddare e intrappolare gli atomi con  la luce laser), precedente Segretario per l’Energia durante il primo mandato di Obama, è stato la principale attrazione del meeting. Ora è tornato a fare il professore alla Stanford University. Gli ho chiesto se non pensa che nel campo della chimica verde e delle energie rinnovabili avvenga tutto ‘troppo poco e troppo tardi’ ma lui è fermamente convinto che ‘troppo tardi non è’.
Per evitare le troppe domande sul perché non sia più ministro ( un premio Nobel come Ministro per l’Energia è stata una felice eccezione mondiale purtroppo di breve durata), ha concluso il suo intervento in sala grande ( Inselhalle) con l’aiuto di slides che lo ritraevano a letto con un pannello solare come partner. Sarebbero insomma state le proteste della moglie a convincerlo a desistere, sebbene abbia più volte ribadito che è necessario per gli scienziati prendere posizione e impegnarsi in politica.

Tra i 130 giornalisti presenti provenienti dalle più lontane parti del mondo non credo ci abbiano creduto in molti. E sono stati proprio i giornalisti il punto dolente del 63° Nobel laureate meeting.
Per loro non c'era sala stampa né era prevista alcuna conferenza stampa collettiva che avrebbe di molto contribuito ad alleggerire i Nobel dalle troppe richieste di interviste.
Era anche vietato – salvo esplicito invito su richiesta – partecipare alle discussioni tra Nobel e ricercatori.
Senza dubbio l'edificio in cui si tiene il convegno è diventato troppo piccolo, proprio perchè, nel corso degli anni ( dal 1951), il meeting è diventato sempre più famoso.
Ora lo ristruttureranno e si spera lascino un po' più di spazio ai giornalisti.

In ogni caso il ministro bavarese per la ricerca, la scienza e le arti, Dr. Wolfgang Heubisch, che ha concluso i lavori in una serata organizzata dalla 'Elite network of Bavaria' – tra danze in costume tradizionale bavarese cui si sono poi aggregati altri gruppi nazionali anch'essi nei loro costumi tradizionali -  ha detto che il governo ha speso per i Nobel, i loro ospiti, i giornalisti di alcuni paesi lontani, lo staff dei contractors e degli impiegati, la security ( discreta ma imponente), e gli ospiti delle varie fondazioni, oltre 1 miliardo di euro.

Troppo vasti e complessi erano gli argomenti trattati per poterli riassumere in un semplice articolo, mi limiterò dunque a farne una estrema sintesi, rimandando alle migliaia di pagine web prodotte prima, durante e dopo il convegno la consultazione delle ricerche specifiche.

Non è da molto tempo che gli scienziati hanno iniziato a trattare la natura non più come una nemica da dominare ma come una amica di grande esperienza da cui copiare tecniche e strategie: l'uso dei pannelli solari e del vento ne è un esempio, lo studio di come avviene la fotosintesi in natura e il tentativo di copiarne i metodi produttivi, un altro.
( Hartmut Michel, nobel per la chimica nel 1988, sostiene appunto che la fotosintesi è la più importante reazione chimica sulla terra, e ha ottenuto il premio per aver chiarito come si costruisce una proteina di membrana attiva nella processo fotosintetico.)

Per quanto riguarda la chimica verde i temi fondamentali sono stati però un po' più semplici: l'uso di catalizzatori amici dell'ambiente e dunque meno inquinanti, il water splitting, e l'energy storage.

Il water splitting, per esempio, si può dire che c'è da quando è stata inventata l'elettricità, ma per farlo si usa il metano, che produce effetti inquinanti. Nuove tecniche basate sull'energia solare, potrebbero davvero aprire il capitolo dell'idrogeno, al palo da decenni: se invece del prodotto finale H2+CO ( ottenuto tramite l'uso di metano+acqua), si produce la reazione H2+O2 ( corrente elettrica +acqua) si libera ossigeno invece che ossido di carbonio (tossico). Stanno studiando come fare a far reagire direttamente gli anodi e i catodi con la luce del sole.

Questo potrebbe servire, in futuro, dato che è ormai chiaro che le piante da sole non ce la fanno più,  e che la CO2 sta erodendo i margini di ossigeno dell'atmosfera ( 400ppm di CO2 =0,20.8% di ossigeno, laddove per milioni di anni e fino a pochi mesi fa l'ossigeno in ppm sul pianeta era dello 0,21%.)
Ma per ora sembra che, almeno negli USA la produzione di idrogeno, come l'uso di auto elettriche, siano problemi 'rimandati a settembre', per così dire, mentre le scelte vanno tutte verso lo shale gas, che comunque è già chiaro potrà essere solo una fase dello sviluppo industriale.
Un utile consiglio dato dai Nobel ai ricercatori è che il lavoro eccessivo e competitivo non serve se si punta al Nobel, bisogna piuttosto avere un pensiero originale e fissare i propri obiettivi con chiarezza ( Richard Ernst, Nobel in chimica 1991 per il suo contributo allo sviluppo della RMN -risonanza magnetica nucleare).
L'intervento più atteso è stato quello di Steven Chu, per ovvie ragioni. Il più polemico quello di Mario J. Molina ( Nobel in chimica nel '95 per aver chiarito la formazione e la composizione dell'ozono: a proposito dei clorofluorocarburi,è stato chiarito che ogni atomo di clorina è capace di distruggere fino a 100mila molecole di ozono prima di diventare inattivo!)
Steven Chu ha esordito dicendo: “ la necessità è madre di tutte le invenzioni e ora il problema della mitigazione dei cambiamenti climatici rischia di essere la madre di tutte le necessità.”
La comunità scientifica è ormai ben consapevole di questo: statistiche presentate da Mario Molina segnalano che il 97% degli scienziati crede ormai che il cambiamento climatico sia il principale problema da affrontare, mentre sui media solo il 28% delle testate giornalistiche è consapevole del problema, a fronte di un 72% che mostra ancora scetticismo, e tra il 'pubblico' è anche peggio: solo il 26% della popolazione è consapevole del problema, a fronte di un 74% che pensa, come il WSJ, che non c'è bisogno di preoccuparsi troppo del riscaldamento globale (titolo di prima pagina: 'no need to panic about global warming'). Non so se queste statistiche varrebbero a Milano, dove un referendum popolare ha dimostrato che i cittadini sono più avanzati dei politici, ma comunque...

Negli ultimi centinaia di migliaia di anni la temperatura è stata molto stabile, mentre a partire dagli anni '50 del secolo scorso sono aumentati gli eventi estremi: le inondazioni sono aumentate di frequenza, le ondate di calore – calde, molto calde, caldissime -sono aumentate di 40 volte e la siccità è è peggiorata in molti degli stati che già avevano questo problema, per es. Texas e Messico.
Entro il 2030 si pensa che la CO2 nell'aria salirà a 450ppm, con un conseguente aumento delle temperature.
Se le politiche dei vari stati resteranno insensibili al problema secondo Molina la temperatura del pianeta potrebbe salire di 6-7 gradi, mentre con politiche di contenimento potrebbe aumentare solo di 2.5 -3 C°.
Una sfida enorme: lui polemicamente dice che non si sta facendo assolutamente niente e che questo è un 'big worrie'.
Steven Chu è più prudente, si percepisce in lui il timore che la scienza sia indicata come responsabile anche di colpe che non ha – ma che attengono piuttosto alle scelte dei gruppi politici che dirigono i vari paesi e ai popoli, perciò nella sua 'lecture' è partito da una digressione storica sulle scoperte scientifiche, a partire dalla macchina a vapore fino ai fertilizzanti artificiali e al problema della '”bomba demografica”.

Nel 2025 nel mondo ci saranno 8 miliardi di persone – il tasso di fertilità è considerato medio con 2,0 figli per donna, alto con 2,5 e basso con 1,6. Forse le nuove tecnologie stanno semplicemente posponendo il disastro?
Se si guarda alle temperature dal 1800 al 2010, si nota che dagli anni '60 del secolo scorso sono in drammatica crescita: nel 2010 c'è stata una ondata di calore anomala persino vicino a Mosca, negli USA dal 1980 al 2011 ci sono stati 37 disastri naturali dovuti al clima, 8 alluvioni, 51 tempeste e 2 terremoti con – solo nel 2011 – 170 miliardi di dollari di costi economici.
Chu è uno dei pochi scienziati presenti che ha affrontato anche il problema del raffrescamento estivo e dei frigoriferi.
 Le tecnologie dal '75 in poi sono molto migliorate ma purtroppo nessuno ha detto, invero neanche Steven Chu, che il problema non sono solo i clorofluorocarburi, ma anche gli HCFC e HFC usati ora, che sebbene meno nocivi per quanto riguarda il buco dell'ozono, hanno un effetto serra sul riscaldamento del pianeta molto superiore a quello della stessa CO2.
Dopo una digressione sul fotovoltaico e la progressiva diminuzione dei suoi costi mentre aumenta la capacità di resa dei pannelli solari, ( l'energy storage è anch'essa appannaggio dei chimici per eccellenza), e dopo un divertente gioco di slides su che cosa hanno in comune un boeing 777 e un uccello dal complicato nome di 'bar tailed godwit'( risposta: entrambi volano 11mila km senza fermarsi,...  sarebbe bello poter copiare dalla natura), Steven Chu ha concluso con una immagine poetica: 'the pale blu dot' nel nero degli spazi cosmici, ovvero la terra secondo la definizione di Carl Sagan.
E mentre le foto del pianeta azzurro rischiaravano la platea, in sovraimpressione si poteva leggere:”abbiamo una responsabilità morale verso le vittime innocenti del cambiamento climatico: i poveri cittadini del mondo e i nuovi nati.”

  
   Testo tratto dal sito dell'UGIS (Unione Giornalisti Scientifici Italiani)          

9-7-2013